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Recensione: 'Come un cactus nel deserto' - Teatro Trastevere

Recensione: 'Come un cactus nel deserto' - Teatro Trastevere

Autore: Recensione della nostra inviata Susanna Schivardi
Data: 29/11/2016 07:01:01

E’ un peccato, perché sarebbe potuto essere un grande spettacolo e invece rimane a far parte del ventaglio di medio livello di una produzione che si accontenta di strappare qualche risata e mandare lo spettatore di buon umore a casa.

Al Teatro Trastevere, Come un Cactus nel deserto ha fatto il pieno nelle date di programmazione fino al 27 novembre. I dialoghi che potenzialmente si proiettano su binari insoliti e ardimentosi, in realtà scorrono farraginosi su un terreno troppo accidentato e male allineato per sprofondare nell’introspezione e spaccare gli animi con fragoroso umorismo. Ci sarebbero voluti dialoghi ma anche attori o attrici a far da contrappeso a tanta sostanza.

Lo spessore del titolo che incanala in succulenti immaginari, si risolve poi in una battuta uscita anche piuttosto male per simboleggiare le corna che tutti prima o poi si sono meritati.

Come un cactus nel deserto è una simpatica commedia, carina, piacevole, che ti fa l’occhiolino ma poi non osa. Il finale, che viene servito su un piatto d’argento e crea mille aspettative nel pubblico, è in realtà un bollito tiepido e insipido, recitato in modo banale, sciatto, senza verve, senza friccicore.

L’attrice che veste i panni di un gigolò è impostata, statica, assolutamente insulsa per quello che potrebbe trasformarsi in un ruolo eccezionalmente memorabile. Le quattro attrici, Ilaria Falconi, Barbara Gentile, Silvia Pugliese, Emanuela Reda si impegnano tanto, stanno sulla battuta, ma non hanno i tempi della comicità, la tonalità della voce le esaurisce a mero schema, nulla entusiasma, nulla eccita, nemmeno il tema che potrebbe risultare davvero accattivante.

Flavia Franzini, esile, magrolina, timida, entra sul palco fingendosi uomo e non convince nemmeno se stessa, il suo incedere a tentoni tra queste quattro donne è la metafora di un’insicurezza scenica che stona con le aspettative create dalla sceneggiatura. Belle le musiche che accalorano e almeno rendono omogeneo uno spettacolo inconcludente e spezzettato. La regia di Claudio Miani chiede un conto troppo alto anche se la realizzazione scenica e l’ambientazione accontentano poche ma buone pretese.


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